ARTS, LIGHT THROUGH MY EYES
"Se ho visto più lontano è perché mi sono appoggiato sulle spalle dei giganti"
(I. Newton)
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ARTS, LIGHT THROUGH MY EYES è un progetto dove la fotografia incontra le arti trasformando e reinterpretando le grandi opere del passato e del presente.
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Il progetto consiste nella realizzazione di una foto rappresentativa liberamente tratta da dipinti, fotografie, poesie, brani letterari o musicali che costituiscono le fondamenta della nostra cultura, o perlomeno della mia.
La foto rappresentativa è poi accompagnata da un breve serie fotografica che ne definisce ulteriormente i contorni e lo sviluppo.
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In questo progetto desidero percorrere i sentieri dell'arte che ho amato, umilmente poggiandomi sulle spalle dei giganti.
La foto, prendendo spunto dall'opera di Vermeer, vuole rappresentare l'enigmatico sguardo della ragazza che sembra essere come richiamata dai propri sogni. L'atmosfera è di pace, di armonia, di discreta sensualità in un contesto che definirei atemporale...
L'orecchino rosso rubino
Liberamente ispirato dal ritratto della "Ragazza con l'orecchino di perla"
("Ragazza col Turbante" o "Ragazza con l’orecchino di perla", Johannes Vermeer, 1665-1666 circa, olio su tela, 44,5×39 cm, Pinacoteca Reale Mauritshuis - L’Aia)
"Al cor gentil rempaira sempre amore" (Guido Guinizzelli)
Guido Guinizzelli, tra i più incisivi esponenti della poesia tosco-emiliana del XIII secolo, teorizzò e introdusse importanti innovazioni rispetto ai componimenti della Scuola Siciliana (sviluppatasi nella corte Federico II e a sua volta ispiratasi ai trovatori provenzali e all'amor cortese).
Dante stesso riconosce Guinizzelli come precursore e padre del Dolce Stil Novo (Purg., XXVI, 97-99. Padre / mio e de li altri miei miglior che mai / rime d'amore usar dolci e leggiadre).
La poesia (in forma metrica di "canzone") "Al cor gentil rempaira sempre amore" costituisce il manifesto del Dolce Stil Novo e definisce come fosse un trattato filosofico in poesia, i temi centrali della poetica stilnovista tra i quali: l'idealizzazione della donna come "donna-angelo" nella cui contemplazione può nobilitarsi l'animo dell'uomo e quello dell'identità indissolubile tra "gentilezza d'animo" e amore.
Liberamente ispirato al sonetto "Al cor gentil rempaira sempre amore" (Guido Guinizzelli)
Tributo ad Richard Avedon
Liberamente ispirato allo scatto di Richard Avedon a Nastassja Kinsky nel 1982
Lo scatto è un omaggio alla foto che Richard Avedon scattò a Nastassja Kinski nel 1982.
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Richard Avedon è stato uno dei più grandi fotografi contemporanei, capace di cambiare i canoni della fotografia di moda, di lasciare il segno nell'ambito della ritrattistica nonché di sviluppare reportage di enorme valore artistico e documentario.​
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La foto di Nastassja Kinski a cui mi sono ispirato, nel più tipico stile di Avedon, è estremamente luminosa, quasi sovraesposta. Tutto è descritto in modo chiaro, netto: le ombre non coprono i dettagli principali. Non sono le ombre che danno volume, ma la luce stessa che dona tridimensionalità grazie alla sua diversa intensità. La luminosità della foto sembra quasi ricordare più un paesaggio che un ritratto. Tutto è illuminato, tutto è più o meno a fuoco.
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Come negli altri lavori del mio progetto, però, lo scopo non era quello di riprodurre la foto di Avedon, ma di usarla come punto di partenza (ci siamo poggiati sulle spalle dei giganti, insomma) per un viaggio in Laura e nella sua cangiante e mai banale personalità. Ecco quindi che la foto si trasforma, le ombre si accentuano e quella luminosità scintillante scema in un'atmosfera più intima. Nelle pose e negli sguardi di Laura si nota una profonda e raffinata ricerca interiore, una dolcezza a tratti nascosta da una spiccata personalità che si erge a protezione di sé stessa ma che emerge comunque dalla sua bellezza nobile ed essenziale. Laura percorre una strada che conduce direttamente alla completa consapevolezza della propria non ordinaria femminilità.
Liberamente ispirato allo scatto di Annie Leibovitz a Marcel Wanders
La Leibovitz è un'osservatrice. Adora guardare la gente, quello che fa, come e dove vive. Dice la stessa fotografa: “Quando dico che voglio fotografare qualcuno, significa, in realtà, che vorrei conoscere qualcuno, consultarne la personalità. Per realizzare il miglior scatto possibile devo calarmi nel contesto, nella situazione. La fotografia perfetta immortala ciò che ti circonda, un mondo di cui divieni parte”.
La foto che ho scelto per celebrare la Leibovitz è una perfetta rappresentazione del suo lavoro che consente un’immediata comprensione della personalità del soggetto rappresentato.
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Il ritratto originale è in bianco e nero. Marcel Wanders è in completo scuro. Le mani sono in tasca. La camicia è slacciata fino al primo bottone della giacca e i colletti della giacca e della camicia sono alzati. Le luci, l’abbigliamento convenzionale (il completo) indossato in maniera quasi spavalda, danno immediatamente l’immagine di un uomo estremamente sicuro di sé e perfettamente immerso nella società a cui appartiene ma da cui vuole al tempo stesso distinguersi.
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Questa è la foto della Leibovitz da cui siamo partiti con Rocco. Come per gli altri lavori del progetto, però, lo scopo non era quello di riprodurre pedissequamente il ritratto di Wanders, ma di usarlo come punto di partenza (ancora ci siamo poggiati sulle spalle dei giganti) per un viaggio in Rocco e nella sua personalità di artista e ballerino professionista.
Nella serie fotografica emerge la personalità di Rocco che non si presenta con l'atteggiamento quasi spavaldo di Wanders. Rocco tiene in pugno l’osservatore ma non lo soggioga.
Tributo a Annie Leibovitz
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Rocco è un amante della vita e porta con sé, nel suo cuore, una valigia piena di sogni: ecco, quindi, che accanto alla determinazione sopra descritta, nel corso della sessione emerge (vedi la sequenza fotografica) un lato più vulnerabile, caratterizzato da una intrinseca riservatezza che sfocia quasi in timidezza.
Questo spiega perché la foto scelta come rappresentazione del lavoro di tributo a Leibovitz si distingua dalla foto originale a cominciare dai colletti non più spavaldamente alzati e dalla scelta del colore. Ho ritenuto che lasciare in bianco e nero il completo blu vivace scelto da Rocco avrebbe comportato un parziale oscuramento della sua personalità.
A metà shooting abbiamo lasciato il completo blu. Rocco ha indossato la sua maglietta mantenendo inizialmente lo sguardo determinato richiesto nella prima sequenza per poi sciogliersi in scatti di grande spontaneità in un mix di leggerezza e introversione, di determinazione e vulnerabilità, in un abbraccio verso il mondo esterno che egli teme e ama in maniera incondizionata e sognante.
Donna con rosa (ispirato a Tamara De Lempicka)
Liberamente ispirato al ritratto "Donna con Colomba" di Tamara De Lempicka
("Donna con Colomba" o "Femme à la colombe ", Tamara De Lempicka, 1931 circa, olio su tela, 37×28 cm, Pinacoteca Reale Mauritshuis - L’Aia)
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La De Lempicka è musa e rappresentante del periodo storico che si sviluppò tra la prima e la seconda guerra mondiale, i meravigliosi anni ’20-’30. Fedele specchio dell’inquietudine del suo tempo, De Lempicka fu una donna emancipata, disinibita, scandalosa, ammirata come una diva del cinema, capace di costruirsi un’immagine che l’ha resa icona bellissima e irraggiungibile. Tamara fu una donna che seguì l’istinto dei suoi desideri amando donne e uomini con grande passione (e forse le prime in maniera ancor più appassionata che i secondi).
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La "Donna con Colomba" è un quadro meraviglioso, sensuale, sospeso nel tempo, con elementi che riconducono al Rinascimento e al classicismo, caratterizzato da dolcezza e vulnerabilità malinconica.
Il quadro presenta il nudo di una giovane donna bionda che stringe teneramente al seno una colomba. ​Il volto della giovane donna è girato e lo sguardo, rivolto all’indietro, è malinconico, perduto nei suoi sogni e i suoi ricordi. L’immagine è sensuale e mistica allo stesso tempo.
L’elemento chiave è la colomba teneramente stretta al suo seno nudo. Pochi notano, però, che la colomba è in realtà una colomba morta.
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La colomba è simbolo di purezza e pace ma è anche l’uccello sacro ad Afrodite/Venere, messaggero di amore profondo e di desiderio. Con la colomba morta, De Lempicka ci spiega che la giovane donna ha perso il suo amore. È interessante notare come l’atteggiamento quasi mistico sia accompagnato da un nudo di straordinaria sensualità.
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Nelle foto della nostra serie, l’animale sacro a Venere, la colomba, viene sostituita da una rosa bianca, il fiore sacro alla stessa dea. Così come la colomba del quadro è morta, nei nostri scatti la rosa è appassita. Il significato è lo stesso: la malinconia di un amore finito o non corrisposto.
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​Durante i nostri scatti Chiara istintivamente non assume la posizione della donna con colomba e la adatta alla sua personalità. Il suo viso è girato all’indietro, lo sguardo è malinconico, ma nella nostalgica posa dell’amore che fu si intravede l'orgoglio nascosto che deriva dalla consapevolezza di sé.
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Nella sequenza fotografica Chiara si mostra in diversi stati d’animo. Ad un atteggiamento regale e austero, in una postura talvolta distante e apparentemente algida, si accompagna però un calore inaspettato e sbarazzino sottolineato dallo sguardo e/o del posizionamento del volto. La contrapposizione regalità-calore, austerità-giocosità emersa nei vari scatti mostrano una femminilità dalle mille sfumature che chiede attenzione per essere pienamente compresa. Il classicismo delle pose, lo sfondo scuro e pulito, il panneggio, hanno accompagnato la storia in un contesto non inquadrabile all’interno di un preciso periodo storico. La bellezza di Chiara si è erta a paradigma dell’amore al di fuori dello spazio e del tempo, lasciandoci immaginare una ricchezza tutta ancora da scoprire.
La cangiante femminilità e il mito di Venere/Afrodite
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Il mito di Afrodite/Venere si rifà al culto della Grande Madre. È simbolo della fertilità delle donne come della natura, prigioniera e artefice del ciclo delle stagioni, della vita che si alterna alla morte e della morte che si alterna alla vita.
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Tuttavia, il mito di Afrodite non è la rappresentazione di una donna passiva il cui ruolo è la mera fecondazione, ma rappresenta la Terra stessa che ci accoglie e dispensa vita e morte. È potente. È indipendente. È pienamente madre, amante, desiderio, piacere, rinascita. In una parola: vita.
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Ogni donna incarna l'universale mito di Afrodite/Venere e lo interpreta secondo la propria sensibilità.Ogni donna è un mistero iniziatico che si lega all'eleganza, alla grazia, alla bellezza, alla fecondazione, alla fiera indipendenza. La donna consapevole della propria femminilità, di questa scintilla di eterno, è una donna che basta a sé stessa.
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Ma la femminilità è cangiante, è mistero nel mistero perché non codificabile all'interno di uno schema preciso. Non esiste una sola femminilità, ma tante femminilità, tante quante sono le donne che fin dalla notte dei tempi hanno calpestato i prati della madre Terra e tante quante sono le donne che calpesteranno quegli stessi prati nei secoli a venire. Eterna è la femminilità come infinite sono le sue manifestazioni.
Un viaggio nelle mille sfaccettature della sensibilità femminile come incarnazione del mito universale dell'amore di Venere/Afrodite. Prendendo spunto dalla storia dell'arte, ogni modella reinterpreta a proprio modo il mito della dea parlando della bellezza e dell'amore.
Prendendo spunto dalle grandi opere d’arte, donne diverse per carattere, etnia, esperienze e bellezza parlano del significato della femminilità interpretando a loro modo, e solo secondo il loro stile e la loro sensibilità, le grandi opere di Afrodite nella storia. Anche tu, lettrice, potresti parlare della tua idea dell'amore e della femminilità se dovessi decidere di far parte del progetto: raccontami pure di te se vorrai.
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In effetti, "La cangiante femminilità e il mito di Venere/Afrodite" è un vero progetto nel progetto dove più voci parleranno più bello sarà il suo canto.